l' ENERGIA NUCLEARE
Con energia nucleare si intendono tutti quei fenomeni in cui si ha la produzione di energia in seguito a trasformazioni nei nuclei atomici. L'energia nucleare insieme a quella solare è una fonte di energia primaria.
Le reazioni che coinvolgono l'energia nucleare sono principalmente quelle di fissione nucleare, di fusione nucleare e quelle legate alla radioattività.
Nelle reazioni di fissione (sia spontanea, sia indotta), nuclei di atomi con alto numero atomico (pesanti) come, ad esempio, l'uranio e il torio si spezzano producendo nuclei con numero atomico minore, diminuendo la propria massa totale e liberando una grande quantità di energia. Un altro esempio naturale di tale fenomeno è la radioattività. Il processo di fissione indotta viene usato per produrre energia nelle centrali nucleari. Le prime bombe atomiche, del tipo di quelle sganciate su Hiroshima e Nagasaki, erano basate sul principio della fissione. Si deve notare che in questo contesto il termine atomico è assolutamente inesatto od almeno inappropriato in quanto i processi coinvolti sono viceversa di tipo nucleare, coinvolgendo i nuclei degli atomi e non gli atomi stessi.
Nelle reazioni di fusione, i nuclei di atomi con basso numero atomico, come l'idrogeno o il deuterio, si fondono dando origine a nuclei più pesanti e rilasciando una notevole quantità di energia (molto superiore a quella rilasciata nella fissione, a parità di numero di reazioni nucleari coinvolte).
In natura le reazioni di fusione sono quelle che producono l'energia proveniente dalle stelle. Finora, malgrado decenni di sforzi da parte dei ricercatori di tutto il mondo, non è ancora stato possibile realizzare, in modo stabile, reazioni di fusione controllata sul nostro pianeta, anche se è in sviluppo il progetto ITER, un progetto che con il successore DEMO darà vita alla prima centrale nucleare a fusione del mondo. È invece attualmente possibile ottenere grandi quantità di energia attraverso reazioni di fusione incontrollate, come ad esempio nella bomba all'idrogeno.
Le reazioni di decadimento radioattivo coinvolgono i nuclei di atomi instabili, che tramite processi di emissione/cattura di particelle subatomiche tendono a raggiungere uno stato di maggior equilibrio, in conseguenza della diminuzione della massa totale del sistema. Quelle in cui si ha la maggiore quantità di energia liberata sono i processi di diseccitazione gamma: le particelle interessate sono fotoni generalmente ad alta energia, ovvero radiazioni elettromagnetiche alle frequenze più alte (anche se più precisamente si ha sovrapposizione fra le frequenze delle emissioni X di origine atomica e gamma di origine nucleare).La fonte dell'energia nucleare
L'energia nucleare è data dalla fissione o dalla fusione del nucleo di un atomo. La prima persona che intuì la possibilità di ricavare energia dal nucleo dell'atomo fu lo scienziato Albert Einstein. Per ricavare energia dal nucleo dell'atomo esistono due procedimenti opposti:
la fissione (rotture) di un nucleo pesante
la fusione (unione) di nuclei leggeri
La fissione
Per approfondire, vedi la voce fissione nucleare.
La fissione consiste nel rompere il nucleo dell'atomo per farne scaturire notevoli quantità di energia: Viene sparato un neutrone contro il nucleo dell'uranio-235 che si spacca in due frammenti e lascia liberi altri due o tre neutroni (mediamente 2.5). La somma delle masse dei due frammenti e di quelle del neutrone che lo ha spaccato è leggermente minore di quella del nucleo originario: la materia mancante si è trasformata in energia. La percentuale di massa trasformata in energia si aggira attorno allo 0.1%, cioè 1 g di uranio viene trasformato in energia per ogni kg di uranio-235 o altro materiale fissile. Se accanto all'atomo di uranio fissionato se ne trovano altri in quantità sufficiente (massa critica) per effetto dell'irraggiamento dei nuclei derivante dai neutroni secondari prodotti dalla prima fissione si svilupperà una reazione a catena in grado di autosostenersi.La fissione nucleare è ampiamente sperimentata ed ingegnerizzata da almeno 50 anni. Attualmente 441 reattori nucleari di potenza, producono il 16% dell'intera energia elettrica mondiale in 34 Paesi, mentre altri 52 sono in costruzione. [2] Nei 30 Paesi dell'OCSE l'energia elettronucleare costituisce il 30% del totale.
La fusione
Per approfondire, vedi la voce fusione nucleare.
L'altro metodo per ottenere energia dall'atomo è la fusione nucleare. Essa è esattamente opposta alla fissione: invece di spezzare nuclei pesanti in piccoli frammenti, si uniscono nuclei leggeri (a partire dall'idrogeno, composto da un solo protone) in nuclei più pesanti: la massa di questi ultimi è minore della somma di quelli originari, e la differenza viene emessa come energia sotto forma di raggi gamma ad alta frequenza. La percentuale di massa trasformata in energia si aggira attorno all'1%, un quantitativo enorme.Perché la fusione avvenga, i nuclei degli atomi devono essere fatti avvicinare nonostante la forza di repulsione elettrica che tende a respingerli gli uni dagli altri, e sono quindi necessarie temperature elevatissime, milioni di gradi centigradi. La fusione nucleare avviene normalmente nel nucleo delle stelle, compreso il Sole, dove tali condizioni sono normali. A causa di queste difficoltà, al giorno d'oggi l'uomo non è ancora riuscito a far avvenire la fusione in modo controllato e affidabile (quello incontrollato esiste: la bomba termonucleare). Gli esperimenti odierni si concentrano sulla fusione di alcuni isotopi dell'idrogeno, il deuterio e il trizio, che fondono con maggiore facilità rispetto all'idrogeno classico.La fusione nucleare per ora è solo una speculazione teorica e - a differenza della fissione nucleare - è stata realizzata in impianti realizzati dall'uomo solo per brevi istanti (millisecondi - secondi). Dopo oltre 50 anni di sperimentazione, gli addetti ai lavori prevedono che la realizzazione di un reattore a fusione operativo richiederà ancora numerosi decenni.
La centrale nucleare
Per approfondire, vedi la voce centrale nucleare.
Il suo funzionamento è molto simile a quello di una convenzionale centrale termoelettrica con la differenza che l'acqua viene riscaldata da un reattore nucleare dove l'uranio viene fissionato. Tre sono le parti principali della centrale:
Edificio contenente il reattore: enorme cilindro di cemento armato dove al centro è collocato il reattore
Sala macchine: un edificio dove è sistemata la turbina e l'alternatore
Edifici ausiliari: contengono le piscine schermate per la conservazione temporanea degli scarti radioattivi della centrale.
Il funzionamento della centrale è abbastanza semplice: viene pompata dell'acqua attraverso il reattore che la fa evaporare attraverso il calore emesso dalla fissione dell'uranio. Il vapore viene inviato nella turbina che trasferisce la propria forza meccanica all'alternatore che genera corrente elettrica.
il reattore
Per approfondire, vedi la voce reattore a fissione.
Il reattore è un cilindro di acciaio inossidabile di grandi dimensioni. Alla sommità è fissata una calotta che può essere aperta all'occasione. Sulla piastra di base sono situati dei fori per far scorrere le barre di controllo. L'interno del reattore è vuoto (quando non è stato ancora introdotto il materiale combustibile) a parte una griglia superiore e una inferiore e due bocchettoni per l'entrata dell'acqua e l'uscita del vapore. Per caricare il reattore con le barre di uranio si apre la calotta si infilano le sbarre (con una gru) infine si richiude la calotta. Il procedimento di rinnovamento del carburante avviene circa ogni anno. Per mettere in funzione il reattore invece si attivano le cinque sorgenti di neutroni e si sfilano le sbarre di controllo; la reazione a catena ha inizio e l'energia emessa fa evaporare l'acqua.
Scorie radioattive
Per approfondire, vedi la voce Scoria radioattiva.
Il procedimento di fissione nucleare (come peraltro quello di fusione, seppur in maniera molto inferiore) produce materiali residui ad elevata radioattività. Si tratta di pastiglie di combustibile esaurito (uranio, plutonio ed altri radioelementi) che vengono estratte dal reattore per essere sostituite. Questo materiale, emettendo delle radiazioni penetranti, è molto radiotossico e richiede dunque precauzioni nel trattamento di smaltimento. La radioattività degli elementi estratti da un reattore si riduce nel tempo secondo il fenomeno naturale del dimezzamento ma i tempi necessari a farla rientrare entro standard di accettabilità biologica per il corpo umano sono lunghi. I tempi di decadenza radioattiva variano inoltre a seconda dell'elemento oscillando da pochi giorni a molti millenni. Esistono attualmente due modi principali per smaltire le scorie, rigorosamente legati a preliminari studi di natura geologica riguardanti il sito di destinazione: per le scorie a basso livello di radioattività si tende a ricorrere al cosiddetto deposito superficiale, ovvero il confinamento in aree terrene protette e contenute all'interno di barriere ingegneristiche; per le scorie a più alto livello di radioattività si ricorre invece al deposito geologico, ovvero allo stoccaggio in bunker sotterranei schermati. Inoltre vengono sfruttati anche degli impianti di rigenerazione in grado di estrarre l'uranio, il plutonio e gli attinoidi minori (prevalentemente nettunio, americio e curio) dalle scorie e renderlo riutilizzabile nel processo di fissione nucleare.Le scorie inoltre potranno essere riprocessate in altre tipologie di reattori (nuclear transmuters o trasmutatori con fattore di conversione c <>subcritico, avente come barre di combustibile il materiale da trasmutare sotto forma di MOX o altro. Anche in questo caso si ipotizza la possibilità che il sistema sia energeticamente autosufficiente, con la produzione collaterale di energia.
Secondo l'INSC, la quantità di scorie prodotte annualmente dall'industria nucleare mondiale è per la verità molto ridotta: 200 000 m3 di Medium and Intermediate Level Waste (MILW) e 10 000 m3 di High Level Waste (HLW). Questi ultimi, che sono i più radiotossici, prodotti annualmente occupano il volume di uno stadio da pallacanestro (30 m x 30 m x 11 m).
giovedì 31 gennaio 2008
lunedì 14 gennaio 2008
MILGRAM-ESPERIMENTO

La vita
Stanley Milgram (New York 1933 – 1984) è uno psicologo statunitense che trascorse la sua carriera di ricercatore e professore presso le università di Yale e di Harvard, per poi trasferirsi alla City University di New York.
Ideatore di raffinate tecniche di ricerca, è autore di vari contributi che riguardano la vita nelle grandi metropoli, la relazione tra il potere di condizionamento esercitato dalla televisione e i comportamenti antisociali. Ma il suo nome è soprattutto legato agli studi riguardanti la determinazione del comportamento individuale, da parte di un sistema gerarchico e autoritario che impone obbedienza. Nel 1961 egli condusse un celebre esperimento della durata di un'ora, presso i locali dell'Interaction Laboratory dell'Università di Yale, teso a verificare il livello di aderenza agli ordini impartiti da un'autorità, nel momento in cui tali ordini entrano in conflitto con la coscienza e la dimensione morale dell'individuo. Tale esperimento è noto come esperimento Milgram
Ideatore di raffinate tecniche di ricerca, è autore di vari contributi che riguardano la vita nelle grandi metropoli, la relazione tra il potere di condizionamento esercitato dalla televisione e i comportamenti antisociali. Ma il suo nome è soprattutto legato agli studi riguardanti la determinazione del comportamento individuale, da parte di un sistema gerarchico e autoritario che impone obbedienza. Nel 1961 egli condusse un celebre esperimento della durata di un'ora, presso i locali dell'Interaction Laboratory dell'Università di Yale, teso a verificare il livello di aderenza agli ordini impartiti da un'autorità, nel momento in cui tali ordini entrano in conflitto con la coscienza e la dimensione morale dell'individuo. Tale esperimento è noto come esperimento Milgram
L'esperimento
I partecipanti alla ricerca furono reclutati tramite un annuncio su un giornale locale o tramite inviti spediti per posta a indirizzi ricavati dalla guida telefonica. Il campione risultò composto da persone fra i 20 e i 50 anni, maschi, di varia estrazione sociale. Fu loro comunicato che avrebbero collaborato, dietro ricompensa, a un esperimento sulla memoria e sugli effetti dell'apprendimento.
Nella fase iniziale della prova, lo sperimentatore, assieme a un complice, assegnava con un sorteggio truccato i ruoli di "allievo" e di "insegnante": il soggetto ignaro era sempre sorteggiato come insegnante e il complice come allievo. I due soggetti venivano poi condotti nelle stanze predisposte per l'esperimento. L'insegnante (soggetto ignaro) era posto di fronte al quadro di controllo di un generatore di corrente elettrica, composto da 30 interruttori a leva posti in fila orizzontale, sotto ognuno dei quali era scritto il voltaggio, dai 15 V del primo ai 450 V dell'ultimo. Sotto ogni gruppo di 4 interruttori apparivano le seguenti scritte: (1-4) scossa leggera, (5-8) scossa media, (9-12) scossa forte, (13-16) scossa molto forte, (17-20) scossa intensa, (21-24) scossa molto intensa, (25-28) attenzione: scossa molto pericolosa, (29-30) XXX.
All'insegnante era fatta percepire la scossa relativa alla terza leva (45 V) in modo che si rendesse personalmente conto che non vi erano finzioni e gli venivano precisati i suoi compiti come segue:
Leggere all'allievo coppie di parole, per esempio: "scatola azzurra", "giornata serena";
ripetere la seconda parola di ogni coppia accompagnata da quattro associazioni alternative, per esempio: "azzurra – auto, acqua, scatola, lampada";
decidere se la risposta fornita dall'allievo era corretta;
in caso fosse sbagliata, infliggere una punizione, aumentando l'intensità della scossa a ogni errore dell'allievo.
Quest’ultimo veniva legato ad una specie di sedia elettrica e gli era applicato un elettrodo al polso, collegato al generatore di corrente posto nella stanza accanto. Doveva rispondere alle domande, e fingere una reazione con implorazioni e grida al progredire dell'intensità delle scosse (che in realtà non percepiva), fino a che, raggiunti i 330 V, non emetteva più alcun lamento.
Erano previsti quattro livelli di distanza tra insegnante e allievo: nel primo l'insegnante non poteva osservare né ascoltare i lamenti della vittima; nel secondo poteva ascoltare ma non osservare la vittima; nel terzo poteva ascoltare e osservare la vittima; nel quarto, per infliggere la punizione, doveva afferrare il braccio della vittima e spingerlo su una piastra. Lo sperimentatore aveva il compito, durante la prova, di esortare in modo pressante l'insegnante: "l'esperimento richiede che lei continui", "è assolutamente indispensabile che lei continui", "non ha altra scelta, deve proseguire". Il grado di obbedienza fu misurato in base al numero dell'ultimo interruttore premuto da ogni soggetto prima di interrompere la prova. Al termine dell'esperimento i soggetti furono informati che la vittima non aveva subito alcun tipo di scossa, che il loro comportamento era stato del tutto normale, che anche tutti gli altri partecipanti avevano reagito in modo simile.
Risultati
Contrariamente alle aspettative, nonostante i 40 soggetti dell'esperimento mostrassero sintomi di tensione e protestassero verbalmente, una percentuale considerevole di questi, obbedì pedissequamente allo sperimentatore. Nel primo livello di distanza, il 65% dei soggetti andò avanti sino alla scossa più forte; nel secondo livello il 62,5%; nel terzo livello il 40%; nel quarto livello il 30%. Questo stupefacente grado di obbedienza, che ha indotto i partecipanti a violare i propri principi morali, è stato spiegato in rapporto ad alcuni elementi, quali l'obbedienza indotta da una figura autoritaria considerata legittima, la cui autorità induce uno stato eteronomico, caratterizzato dal fatto che il soggetto non si considera più libero di intraprendere condotte autonome, ma strumento per eseguire ordini. I soggetti dell'esperimento non si sono perciò sentiti moralmente responsabili delle loro azioni, ma esecutori dei voleri di un potere esterno.
L'obbedienza dipende anche dalla ridefinizione del significato della situazione. Ogni situazione è caratterizzata infatti da una sua ideologia che definisce e spiega il significato degli eventi che vi accadono, e fornisce la prospettiva grazie alla quale i singoli elementi acquistano coerenza. Dal momento che il soggetto accetta la definizione della situazione proposta dall'autorità, finisce col ridefinire un'azione distruttiva, non solo come ragionevole, ma anche come oggettivamente necessaria.
Le numerose ricerche che hanno successivamente utilizzato il paradigma di Milgram (come quelle di David Rosenham), hanno tutte pienamente confermato i risultati ottenuti dallo studioso, che sono stati ampiamente discussi anche nell'ambito di quel cospicuo filone di studi interessati a ricostruire i fattori che hanno reso possibile lo sterminio ad opera dei nazisti.
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