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brescia, Italy
studentesse problematiche, future paracadutiste, amanti del sabato sera su 2 ruote; frequentanti il terzo anno del LICEO, umanstico di brescia, veronica gambara; il quale è simile al classico, ma senza greco, ma in PIU' c'è francese, scienze sociali, diritto, biologia, fisica e c'è moolta più matematica!! altro che arnaldo light...!! parola di lupetto!! auuuuuuuuuuuuuuuuh!!!

venerdì 26 marzo 2010

CESARE LOMBROSO

http://www.filosofico.net/lombroso.htm




Cesare Lombroso nacque a Verona nel 1835.

Incaricato di un corso sulle malattie mentali all'università di Pavia nel 1862, divenne in seguito direttore dell'ospedale psichiatrico di Pesaro e professore di igiene pubblica e medicina legale all'università di Torino (1876), di psichiatria (1896) e infine di antropologia criminale (1905).

Morì a Torino nel 1909.

Tra le sue opere più importanti, ricordiamo:

* La medicina legale dell'alienazione (1873);

* L'uomo criminale (1875);

* L'uomo delinquente (1876);

* L'antisemitismo e le scienze moderne (1894);

* Il crimine, causa e rimedi (1899).

La figura di Cesare Lombroso è emblema dell’influenza che il Positivismo francese e inglese esercitò anche in Italia, soprattutto nella forma evoluzionistica propugnata da Spencer.

In Italia, il Positivismo attecchì soprattutto sull’onda del pur tardivo sviluppo industriale, che portò alla formazione di una nuova borghesia imprenditoriale: non stupisce allora se esso si affermò soprattutto negli studi di antropologia e di biologia.

Seguace e assertore del metodo positivistico, che lasciò una notevole traccia nelle varie branche medico-biologiche, Lombroso compì studi di medicina sociale che costituiscono una delle fonti principali della legislazione sanitaria italiana.

Ma il suo nome resta legato soprattutto all'antropologia criminale, di cui è ritenuto il fondatore, insieme con la "scuola positiva del diritto penale", in cui influenzò le teorie poi sviluppate da E. Ferri.

Riallacciandosi alla dottrina di Galton, della criminalità innata e biologicamente condizionata, Lombroso sostenne che le condotte atipiche del delinquente o del genio sono condizionate, oltre che da componenti ambientali socioeconomiche (di cui non riconobbe però il vero peso), da fattori indipendenti dalla volontà, come l'ereditarietà e le malattie nervose, che diminuiscono la responsabilità del criminale in quanto questi è in primo luogo un malato.

In particolare nell’opera L’uomo delinquente, Lombroso sostiene l’ardita tesi secondo cui i comportamenti criminali sarebbero determinati da predisposizioni di natura fisiologica, i quali spesso si rivelano anche esteriormente nella configurazione anatomica del cranio.

L’idea che la criminalità sia connessa a particolari caratteristiche fisiche di una persona è molto antica: la si trova già, ad esempio, nell’Iliade di Omero, nel cui libro II la devianza di Tersite è direttamente legata alla sua bruttezza fisica; le stesse leggi del Medioevo sancivano che se due persone fossero state sospettate di un reato, delle due si sarebbe dovuta considerare colpevole la più deforme.

Memore di questa tradizione, Lombroso è convinto che la costituzione fisica sia la più potente causa di criminalità: e, nella sua analisi, egli attribuisce particolare importanza al cranio.

Studiando quello del brigante Vilella, rileva che nell’occipite, anziché una piccola cresta, c’è una fossa, alla quale dà il nome di “occipitale mediana”.

La cresta occipitale interna del cranio, prima di raggiungere il grande foro occipitale, si divide talvolta in due rami laterali che circoscrivono una "fossetta cerebellare media o vormiense", che dà ricetto al verme del cervelletto.

Questa caratteristica anatomica del cranio è oggi chiamata fossetta di Lombroso: egli riteneva si trattasse di un carattere degenerativo più frequente negli alienati e nei delinquenti, che classificava in quattro categorie:

* i criminali nati (caratterizzati da peculiarità anatomiche, fisiologiche e psicologiche),

* i criminali alienati,

* i criminali occasionali,

* i criminali professionali.

Ma Lombroso non limita la propria indagine al cranio: considerando anche le altre parti del corpo umano, egli arriva a sostenere che il “delinquente nato” ha generalmente la testa piccola, la fronte sfuggente, gli zigomi pronunciati, gli occhi mobilissimi ed errabondi, le sopracciglia folte e ravvicinate, il naso torto, il viso pallido o giallo, la barba rada.

Influenzato dalle teorie di Darwin, Lombroso sostiene poi che il “delinquente nato” presenta delle caratteristiche ataviche, ossia simili a quelle degli animali inferiori e dell’uomo primitivo; tali caratteristiche renderebbero difficile o addirittura impossibile il suo adattamento alla società moderna e lo spingerebbero sempre di nuovo a compiere reati.

Nella prospettiva lombrosiana domina il determinismo più assoluto, per cui quel che si fa dipende necessariamente da ciò che si è: privo di ogni libertà, l’uomo agisce in maniera deterministica e necessitata.

Anche in forza delle dure critiche a cui la sua teoria fu sottoposta, Lombroso andò via via correggendola, sempre più arretrando dal suo iniziale determinismo assoluto: egli arrivò a sostenere che i delinquenti nati fossero solo un terzo di coloro che infrangevano le norme e che ogni delitto aveva origine in una molteplicità di cause.

Lombroso indicò anche le conseguenze giuridiche della propria dottrina: poiché il crimine non è il frutto di una libera scelta (il che striderebbe con l’adesione ai canoni del Positivismo), ma è piuttosto la manifestazione di una patologia organica, cioè di una malattia, allora la pena deve essere intesa non come una punizione (ché non ha senso punire chi non ha agito liberamente), ma semplicemente come strumento di tutela della società.

In Genio e follia (1864) Lombroso sostenne che le caratteristiche degli uomini di genio vanno ricercate nella loro anormalità psichica; quest'opera fu considerata un classico della scienza positivistica ed ebbe enorme fortuna.

A Torino lo studio di Lombroso era presso la Facoltà di Medicina Legale, dove effettuò centinaia di autopsie sui corpi di criminali, prostitute e folli.

Fondò poi il Museo di Antropologia Criminale di Torino, che raccoglie i materiali di tutte le sue ricerche (da cimeli a reperti biologici, da corpi di reato a disegni, da manoscritti a fotografie e strumenti scientifici).

venerdì 22 gennaio 2010

TURNER & il concetto di PERFORMANCE

1.1 Dramma sociale, riti di passaggio e liminalità
La performatività può essere utilizzata come chiave interpretativa di alcuni caratteri delle nuove tecnologie e in particolar modo può essere un concetto utile per connotare di una veste teorica la costruzione di senso attraverso l’agire favorita dagli strumenti mediatici digitali.
Per comprendere appieno il concetto di performatività è però necessario riflettere sull’idea stessa di performance come pratica corporea necessaria ad una ridefinizione critica del reale e potenziale non-luogo di margine e di passaggio da situazioni sociali e culturali definite a nuove aggregazioni sperimentali.
La riflessione teorica di Victor Turner è quella che meglio si adatta al riguardo, proprio perché tale autore utilizzò il concetto di performance per penetrare le fenomenologie liminoidi (zone potenzialmente feconde di riscrittura dei codici culturali) e da qui anche la trasformazione sociale stessa.
Victor Turner (1920-1983) è un’esponente dell’antropologia sociale britannica.
Egli analizza la realtà sociale privilegiando la componente trasformativa e conflittuale contrapponendo al metodo struttural-funzionalista quello di extended case method.
Egli analizza la vita sociale in un villaggio degli Ndembu, una popolazione della Rhodesia del Nord, oggi Zambia.
Egli comunque non circoscrisse le sue analisi teoriche alle popolazioni native dei paesi in via di sviluppo, ma analizzò a fondo anche le dinamiche oppositive e processuali delle società complesse occidentali, attuando una comparazione fra scenari culturali diversi.

venerdì 15 gennaio 2010

l'altro significativo

La teoria sociale cognitiva riveste un ruolo estremamente importante nella psicologia sociale contemporanea, in particolare sul versante di studio della personalità.
Una elevata importanza in questo nucleo teorico è attribuita alla teoria sociale cognitiva di Albert Bandura.
Da questo modello hanno preso il via numerosi altri ricercatori, costituendo una corrente di pensiero che prende le mosse dal cognitivismo, e costruisce un'analisi delle condotte individuali incentrata sui contesti sociali che vedono tali condotte esprimersi.

La riflessione di Bandura sul costrutto indicato con il nome di “autoefficacia percepita” (perceived self efficacy), segna il punto di approdo degli sviluppi della teoria dell'apprendimento sociale e la nascita della teoria sociale cognitiva (Bandura, 1997).
Nella teoria sociocognitiva l’agentività umana opera all’interno di una struttura causale interdipendente che coinvolge una causazione reciproca triadica L’agentività (agency) è la facoltà di far accadere le cose, di intervenire sulla realtà, di esercitare un potere causale.
L’agente (agent) è qualcosa o qualcuno che produce o è capace di produrre un effetto: una causa attiva o efficiente.
Caratteristica essenziale dell'agentività personale è la facoltà di generare azioni mirate a determinati scopi.
I fattori personali interni (eventi cognitivi, affettivi e biologici) il comportamento e gli eventi ambientali operano come fattori causali interagenti che si influenzano reciprocamente in modo bidirezionale.
Il fatto che le tre classi di fattori causali si influenzino reciprocamente non significa che esse abbiano lo stesso peso.
La loro relativa influenza varierà a seconda delle attività e delle circostanze.


La teoria della discrepanza del Sé e la genesi di emozioni negative
Tory Higgins (uno autore fondamentale nel filone della social cognition) a partire dagli studi sull'accessibilità e la disponibilità dei costrutti cognitivi, ha identificato una teoria che indaga le cause degli stati emotivi negativi.
Higgins evidenzia come differenti rappresentazioni dei tipi di discrepanza del Sé siano collegati a differenti tipi di emozioni: un dominio del Sé, che comprende il Sé attuale (la propria rappresentazione degli attributi che si ritiene che qualcuno, se stesso o un altro significativo, crede che possediamo), un Sé ideale (la propria rappresentazione degli attributi che si ritiene che qualcuno, se stesso o un altro significativo, crede che si dovrebbero idealmente possedere), un Sé normativo (la rappresentazione degli attributi che si ritiene che qualcuno, se stesso o un altro significativo, che si dovrebbero possedere.
Un punto di vista del Sé (proprio, e dell'Altro significativo).
Discrepanze tra il proprio Sé attuale e il proprio Sé ideale significano un'assenza di esiti positivi ( a livello di rappresentazioni individuali), ed un vissuto legato all'abbattimento e alla depressione (disappunto, insoddisfazione, tristezza).
Più nel dettaglio, discrepanze dal proprio Sé attuale con il proprio Sé ideale sviluppano emozioni legate alla frustrazione, al "non completo"; mentre una discrepanza tra il proprio Sé attuale con il Sé ideale dell'Altro significativo porta ad emozioni come vergogna e imbarazzo. Diversamente, discrepanza tra il proprio Sé attuale ed il proprio Sé normativo significa la presenza di vissuti negativi, legati a senso di colpa e disprezzo di sé.
Discrepanze legate al proprio Sé normativo, portano a emozioni legate alla propria debolezza morale, alla propria mancanza di valore e indegnità.
Discrepanze tra Sé attuale e Sé normativo costruito su aspetti sviluppati dall'altro generalizzato, porta ad emozioni legate alla paura o sensazione di essere minacciato.
Le discrepanze del Sé sono analizzate in termini di disponibilità (costrutti presenti in memoria e adoperati per elaborare nuove informazioni) ed accessibilità (la leggibilità di un costrutto immagazzinato nell'elaborazione delle informazioni) per identificare quanto essi influiscono sulla condotta.
La misura delle discrepanse del Sé è sviluppata attraverso dei test carta-matita.
Obiettivi di performance e obiettivi di sviluppo
Il contributo di Dweck rappresenta forse il più esemplificativo negli studi sull'interazione tra processi psicologici di base e contesto sociale. Questi autori definiscono un cognmodello sociale cognitivo di personalità che attribuisce all’obiettivo che ciascuno si prefigge la caratteristica di influenzare il comportamento.
Entro questo orientamento di ricerca, viene operata la differenza tra obiettivi legati all'apprendimento e obiettivi legati alla performance.
Dweck e colleghi affermano che le teorie implicite influenzano la tipologia di obiettivi da perseguire, e, più in generale, gli orientamenti motivazionali con cui la persona elabora la condotta.
Dweck e colleghi evidenziano inoltre come gli obiettivi orientati alla performance abbiano la funzione difensiva di ricercare conferme del proprio valore, attraverso la messa alla prova, e come essi siano spesso associati a condotte deboli e non adattive.
Gli obiettivi di apprendimento sono invece più spesso legati a condotte adeguate e caratterizzate da una maggiore, e più efficace, persistenza.

Nucleare: grande risorsa che porta il mondo moderno, della tecnologia e dei consumi, al progresso; oppure inutile spesa, che comporta tagli a campi fondamentali per un reale sviluppo (come la scuola) oltre che un grave danno sull'impatto ambientale?