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brescia, Italy
studentesse problematiche, future paracadutiste, amanti del sabato sera su 2 ruote; frequentanti il terzo anno del LICEO, umanstico di brescia, veronica gambara; il quale è simile al classico, ma senza greco, ma in PIU' c'è francese, scienze sociali, diritto, biologia, fisica e c'è moolta più matematica!! altro che arnaldo light...!! parola di lupetto!! auuuuuuuuuuuuuuuuh!!!

lunedì 15 dicembre 2008

PQ4R



Il PQ4R non è altro che una sigla che rappresenta le iniziali di un insieme di operazioni che un individuo deve adottare quando si trova a dover apprendere un testo. Essa infatti significa Preview (anteprima), Questions (domande), read (leggere), Reflect (riflettere), Recite (recitare, ripetere), Review (riesaminare).




Possiamo distinguere, secondo un classico schema della psicologia, fra apprendimento incidentale e apprendimento intenzionale.

Si ha apprendimento incidentale quando si è esposti a determinate esperienze il cui scopo primario non è quello di generare un apprendimento (per es. si va a cinema per godersi uno spettacolo, si ascolta una persona che parla) e tuttavia ci si trova ad aver imparato qualcosa di nuovo.Si ha invece apprendimento intenzionale quando, deliberatamente, ci si impegna per imparare cose che non si conoscono.

Da un certo punto di vista, l'apprendimento incidentale è fondamentale, dal momento che interessa, spesso in una condizione automotivante, gran parte delle esperienze che portano l'uomo a costruire il suo sistema di conoscenze.

Tuttavia esso non è sufficiente, perché dipende da fattori parzialmente casuali e difficilmente è in grado di produrre conoscenze altamente organizzate.

Se, infatti, è vero che in alcuni casi l'apprendimento incidentale porta a risultati migliori dell'apprendimento intenzionale (ma ciò si verifica soprattutto in casi di demotivazione e cattivo metodo di studio), normalmente l'apprendimento intenzionale produce effetti più rapidi e solidi.

Infatti, sono molte le occasioni in cui noi siamo esposti ripetutamente in maniera incidentale a certe informazioni, senza riuscire a fissarle nella memoria, laddove con un piccolo impegno di memorizzazione si sarebbero ottenuti risultati più duraturi.

La scuola è pertanto costretta a impegnare spesso gli alunni in sforzi di apprendimento intenzionale più o meno intensi, in parte durante l'attività che si svolge in classe, in parte attraverso richieste di studio individuale.L'impegno intenzionale, tuttavia, non è necessariamente spiacevole, dal momento che un individuo può essere intrinsecamente motivato a imparare cose nuove.

Capita infatti abbastanza spesso di poter osservare alunni che, in breve tempo e con poca fatica, studiano di loro iniziativa testi che reputano interessanti o studiano senza fatica la materia loro assegnata per casa.

Purtroppo accanto a questi esempi fortunati troviamo altri in cui compaiono spesso e ripetutamente svogliatezza, noia, distrazione, lentezza, ritardi, stanchezza, squilibrio nella quantità di tempo assegnato alle varie materie, cattiva assimilazione dei contenuti ecc.

In tutti questi casi c'è da sospettare che manchi un metodo adeguato di studio. Infatti varie ricerche degli ultimi anni hanno confermato che ragazzi con difficoltà di apprendimento, ma anche molti altri in cui queste difficoltà non sono manifeste, non utilizzano normalmente un valido metodo di studio.

Occorre però non giungere alla conclusione affrettata che gli alunni non sappiano studiare, siano passivi e non esercitino alcun controllo sul proprio processo di apprendimento.

In realtà questa conclusione sarebbe il frutto di una ingiustificata ed eccessiva generalizzazione.

Infatti non bisogna dimenticare che i bambini possiedono sofisticati sistemi cognitivi e che mettono in atto avanzati processi di controllo.

Dunque gli alunni potenzialmente sanno usare un buon metodo di studio, la questione perciò non è tanto quella di insegnare al bambino un metodo che egli totalmente non possiede, ma insegnargli ad adattarlo ed applicarlo nei casi in cui tenderebbe a non servirsene, casi che riguardano purtroppo la maggioranza o spesso la quasi totalità della sua attività scolastica.Appare importante quindi che la scuola si impegni a sviluppare la capacità di imparare degli studenti.

Fra i programmi sul metodo di studio consideriamo quello proposto da Robinson e Thomas, chiamato PQ4R, dalle iniziali delle sei operazioni che gli autori richiedono di fare ad un alunno.

Infatti un bambino che studia dovrebbe compiere, secondo gli autori, le seguenti operazioni:


1. PREVIEW, cioè scorrere preliminarmente il testo per individuarne gli argomenti principali, individuare le sezioni che lo compongono e che andranno studiate al una ad una, esaminarne le figure e i grafici.


2. QUESTIONS, cioè porsi delle domande che riguardano il nocciolo del testo.

La sigla "wh" si riferisce alle iniziali dei seguenti pronomi interrogativi inglesi:


What? (Cosa?) - Who? (Chi?) - When? (Quando?) - Why? (Perché?) - Which? (Quale?).


3. READ, cioè leggere attentamente il capitoletto, cercando di fornirsi risposte alle domande appena formulate.


4. REFLECT, cioè riflettere su quanto si sta leggendo o si è appena finito di leggere, cercare degli esempi, mettere in relazione quanto di nuovo è contenuto nel testo con quello che precedentemente già si sapeva.


5. RECITE, cioè cercare di ripetersi quanto letto e le risposte che già ci si è dati, senza poter guadare il testo (se non in un secondo tempo, per un controllo e il reperimento delle informazioni che non si ricordavano).


6. REVIEW, cioè (quando si sono studiati separatamente vari capitoletti o sezioni di una parte più ampia) passare in rassegna l'intera parte cercando di ricordarne i principali concetti e fare un ripasso generale.

I principi fondamentali di questo metodo sono facilmente memorizzabili, grazie alla sigla (-->PQ4R), anche da un alunno italiano che non dovrebbe incontrare particolari difficoltà a risalire alle operazioni richieste.Occorrerà quindi che la lettura più sistematica sia preceduta dalla conoscenza di che cosa si troverà (PREVIEW) e di che cosa si ha bisogno di trovare (QUESTIONS).

L'operazione di riflettere stimola il ragazzo alla rielaborazione personale, l'operazione RECITE gli permette di abituarsi al recupero delle informazioni e di fissare delle modalità che permettano di raggiungere tale scopo (spesso gli risulta difficile recuperare l'informazione, che pure possiede) individuando i punti deboli da riconsiderare, l'operazione REVIEW affina l'operazione precedente e al tempo stesso permette di vedere più dall'alto e globalmente quanto si è appreso.

Oltre al metodo PQ4R sono stati sviluppati molti altri metodi tuttavia i vari strumenti non bastano e devono tener conto della scarsa propensione dei bambini a usare un metodo di studio che pure hanno appreso. Infatti talvolta i bambini evidenziano il possesso di inattese e sofisticate strategie e poi, invece, in altri contesti, il loro approccio risulta del tutto inadeguato.

Inoltre metodi eccessivamente complicati possono diventare addirittura controproducenti. Infine difficilmente un metodo di studio è sufficientemente flessibile per essere utilmente applicato alla maggior parte dei materiali proposti, senza dimenticare che un metodo ha un carattere generale e non può tener conto delle caratteristiche specifiche dei soggetti che apprendono.

Questi problemi hanno suggerito un approccio al problema di "insegnare a studiare" alternativo a quello classico del metodo di studio. Questo approccio rifiuta l'insegnamento di un metodo strutturato valido per tutte le stagioni, ma cerca di rendere l'alunno più sensibile ai propri problemi di studio (-->METACOGNIZIONE).

L'attività didattica volta a dare al bambino un metodo di studio deve tener conto dell'importanza che non venga insegnato soltanto UN metodo di studio, del ruolo delle differenze individuali, dell'influenza degli atteggiamenti e dei vissuti legati al mondo della scuola.

Quando si parla di METACOGNIZIONE, si intende l'insieme delle attività mentali che presiedono al funzionamento cognitivo. Così, in un qualsiasi processo cognitivo, si possono distinguere, da un lato, le operazioni che rendono possibile il processo e dall'altro gli aspetti metacognitivi rappresentati dalle conoscenze, valutazioni e decisioni che portano il soggetto ad effettuare il processo in un modo piuttosto che in un altro.L'approccio didattico metacognitivo lo possiamo definire quindi un modo di fare scuola che utilizza deliberatamente e sistematicamente i vari concetti e le metodologie derivati dagli studi sulla metacognizione. Esso si prefigge un obiettivo: offrire agli alunni l'opportunità di imparare ad interpretare, organizzare e strutturare le informazioni ricevute dall'ambiente e di riflettere su questi processi per divenire sempre più autonomi nell'affrontare situazioni nuove.L'attenzione dell'insegnante in un'ottica metacognitiva non deve essere rivolta tanto all'elaborazione di materiali e metodi nuovi per "insegnare come fare a....", quanto a formare quelle abilità mentali superiori che vanno al di là dei semplici processi cognitivi primari (ad es. leggere, calcolare, ricordare ecc.).

Questo andare al di là della cognizione significa innanzitutto sviluppare nel bambino la consapevolezza di quello che sta facendo, del perché lo fa, di quando è opportuno farlo ed in quali condizioni. Secondo l'approccio metacognitivo occorrerà poi cercare di formare le capacità di essere gestori diretti dei propri processi cognitivi, dirigendoli attivamente con proprie valutazioni ed indicazioni operative.

Il ruolo dell'insegnante nello sviluppo delle abilità cognitive e metacognitive, cioè delle capacità di costruire autonomamente e continuamente il proprio sapere, in modo che ciascuno sappia adattarsi a molteplici situazioni nuove e complesse, deve essere quello di formare, ossia costruire e potenziare le capacità che le persone useranno domani.

Naturalmente non dobbiamo pensare all'intelligenza come ad un'abilità predeterminata o la cui evoluzione si articoli secondo stadi prefissati, ma come un potenziale dinamico sul quale è possibile intervenire in qualsiasi momento per favorirne lo sviluppo, accrescerne le capacità e recuperarne le carenze.

L'approccio metacognitivo riserva quindi un ruolo fondamentale all'insegnante: quello di "facilitatore" di cambiamenti strutturali negli alunni, con questo termine si intende un qualcosa che interessa direttamente la struttura dei processi mentali e, proprio per questo, rimane stabile nel tempo.Inoltre occorre ricordare che, secondo Vygotskij, l'insegnamento deve tener conto della "ZONA PROSSIMALE DI SVILUPPO".

Tale concetto individua un'area potenziale che si colloca tra ciò che il soggetto sa fare da solo (-->LIVELLO DI PADRONANZA) e ciò che potrebbe fare con l'aiuto di un adulto (-->LIVELLO DI INSEGNAMENTO).

Pertanto un insegnamento che si collochi all'interno dell'AREA DI PADRONANZA (ciò che l'alunno sa fare da solo) è poco utile al progresso cognitivo, poiché finisce col rinforzare le capacità già acquisite.

Ugualmente, un intervento che si collochi oltre la zona prossimale di sviluppo non sortisce frutto perché al di là delle potenzialità di chi apprende, questo ultimo rischia perciò di non comprendere più la proposta dell'insegnante.Quindi possiamo affermare che l'insegnamento diventa OTTIMALE quando si colloca nella zona prossimale del singolo alunno.

L'insegnamento deve essere orientato quindi verso il futuro e non verso il passato: l'insegnante seleziona ed organizza gli stimoli che devono arrivare fino al bambino perché giungano a collocarsi proprio nella zona prossimale di sviluppo di ciascuno.Nel valorizzare questa zona prossimale di sviluppo acquista un'importanza decisiva la figura dell'INSEGNANTE MEDIATORE, che assume quindi la non facile funzione di filtrare e strutturare tutti gli stimoli ambientali, facendo in modo che alcuni assumano una posizione marginale ed altre vengano al contrario fatti oggetto di accurata analisi. Non è però importante solo la qualità, il livello della proposta didattica, ma anche l'aiuto che l'insegnante fornisce all'alunno nella ricerca e costruzione del proprio sapere, della relativa consapevolezza metacognitiva e capacità di controllo.

L'intenzionalità educativa dell'insegnante si concretizza nell'offrire agli alunni proposte che prevedano una riflessione, in modo da rendere ciascun alunno consapevole dei processi attivati nell'apprendimento.

mercoledì 10 dicembre 2008

la memoria del giocatore di scacchi


Lo studio delle potenzialità di una tipologia specifica della Intelligenza, è stato attentamente realizzato sia con la “Risonanza Magnetica funzionale” sia mediante interviste ai campioni di “scacchi”, un ben noto ed antico gioco di strategie di “Problem Solving.”
Al contrario di un principiante, il quale tende normalmente a immaginarsi le mosse possibili di ogni singolo pezzo della scacchiera, il campione di scacchi facilita la integrazione funzionale delle memorie evocando il posizionamento di alcune schermate (Templates) della memoria evocate dalla propria esperienza, le quali vanno a focalizzare alcuni blocchi critici delle possibili configurazioni della scacchiera, sia in relazione ai pezzi che agli spazi rimasti vuoti (Chunk). Il campione, a differenza del dilettante, ragiona esclusivamente su di essi (Templates & Chunk) per reperire la strategia ed ordire ingegnosamente una soluzione vincente denominata “ Scacco Matto”.
Tale impostazione del gioco di famosi scacchisti è messa ancor più in evidenza da alcuni loro “aforismi” (cioè brevi concetti tratti dalla lunga esperienza).
1) Cerca di essere il giocatore di scacchi, non il pezzo sulla scacchiera. (Ralph Charrell)
2) Un Maestro di scacchi non cerca la mossa migliore: la vede (Garry Gasparov)
3) A scacchi io mi sforzo sempre di giocare contro i pezzi del mio avversario piuttosto che contro di lui. (Svezotar Gligoric);
da tali aforismi si comprende quale sia il miglior modo di porsi il problema di risolvere soluzioni critiche basandole su finalità proprie di un giocatore professionista, che imposta il gioco utilizzando concezioni finalizzate ad integrare intelligentemente i processi mnemonici ed intellettivi per raggiungere l’obbiettivo mediante una serie di mosse vincenti.
In vero pertanto la intelligenza e l’ingegno creativo non risiedono direttamente nella memoria o nell’ intelletto, proprio in quanto “memoria ed intelletto” presi fine a se stessi sono solo due funzioni cerebrali necessarie ma non sufficienti per produrre attività creative capaci di costruire conoscenze innovative.

mercoledì 3 dicembre 2008

la magia del numero sette...


Ciascuno di noi, come essere umano, è sottoposto continuamente a una quantità enorme di informazioni. Questa stimolazione è in parte dovuta al nostro contatto con le parti del mondo esterno che riusciamo a percepire con i nostri canali sensoriali.

La mole delle informazioni forniteci dalla nostra esperienza in atto supera di gran lunga la nostra capacità di percepire l'esperienza stessa consciamente.....
.... la coscienza è un fenomeno limitato.

Specificamente, come esseri umani siamo limitati a rappresentarci nella coscienza un numero finito ed esiguo di elementi di informazione.

Nel suo orami classico articolo "Il magico numero sette più o meno due" George A. Miller (1956) traccia un accurato profilo dei limiti della coscienza.

In sostanza, la sua ricerca lo porta alla conclusione che noi siamo in grado di ospitare nella coscienza 7 più o meno 2 (chunk) di informazione.

Una delle implicazioni di maggiore interesse dell'articolo di Miller è che le dimensioni del pezzo sono variabili.

In altre parole, il limite del 7 più o meno 2 non riguarda il numero dei bit di informazione, ma quello dei pezzi.

Pertanto, con l'oculata selezione del codice con cui organizziamo la nostra esperienza cosciente, abbiamo un'ampia latitudine entro la quale aumentare la quantità dei bit di informazione che ci possiamo rappresentare consciamente.

(Bandler & Grinder La struttura della magia)




7 un numero da sempre magico, misterioso, intriso di sacralità e con una ricchissima simbologia che lo connota fin dall'antichità.
Molte delle proprietà attribuite al 7 risalgono addirittura all'astrologia babilonese che riconosceva 7 pianeti e divideva il mese lunare in cicli di 7 giorni, da qui l'origine della nostra settimana.

A ciò è riconducibile molta della sacralità dei 7, che rappresentava in quel tempo il cosmo e la sua perfezione.

Tutte le civiltà antiche hanno sviluppato un sim­bolismo numerico e in esse è infatti ricorrente l'interpretazione dei 7 come numero sacro, unico e immobile.

Il solo dei primi dieci numeri che non ne genera nessuno ed è generato solo dall'unità, il risultato della somma dei 3 (lo spirito, il maschile) e del 4 (la materia, il femminile).
Che il 7 possa essere considerato l'emblema della pienezza spirituale e cosmica, il numero sacro per eccellenza, è confermato dalla forte carica simbolica conferitagli in molte religioni.
L'Antico Testamento utilizza 7 nomi per indicare la terra e altrettanti per il cielo; secondo il libro dell'Apocalisse, la fine dei mondo sarà annunciata dalla rottura dei 7 Sigilli, seguita dal suono di 7 trombe per bocca dei 7 Angeli, quindi dai 7 Portenti e infine dal versamento delle 7 Coppe dell'ira di Dio.

Nel Nuovo Testamento, 7 sono i sacramenti, i doni dello Spirito Santo, i peccati capitali (gola, lussuria, avarizia, superbia, accidia, invidia e ira) e le virtù, 4 cardinali (forza, sapienza, giustizia e temperanza) e 3 teologali (fede, speranza e carità).
Nell'Ebraismo, il candelabro a 7 luci, detto Menorah, è il simbolo della fede eternamente accesa; nel Corano, il mondo è sorretto da 7 colonne poggiate sulle spalle di un gigante, a sua volta sostenuto da un'aquila, che posa su una balena che nuota nel Mare Eterno.

Nel libro sacro dell'Induismo, 7 erano gli illuminati del Veda dell'India.
7 è inoltre sinonimo di governo dei cicli e dei ritmi della vita umana.

Dopo il concepimento, infatti, l'embrione rimane tale per 7 settimane per poi trasformarsi in feto e il parto avviene dopo 7 lune nuove.

Tralasciando questi significati collegati al 7, si possono comunque trovare mille altri simboli e modi di dire che ci riportano a questo numero.

Ne abbiamo segnalati alcuni, sicuramente non tutti: lasciamo ai lettori lo sfizio di individuarne altri ancora.

Le "7 - Sette" Curiosità
i colori dell'arcobaleno e le note musicali e i chakra, centri energetici dell'organismo umano, e le stelle della costellazione dell'Orsa Maggiore o i principali fenomeni di meteorologia e gli aromi base che compongono i profumi o le meraviglie del mondo antico...
I cieli dei sistema Tolemaico o le figlie dei titano Atlante, le fanciulle e i fanciulli che venivano offerti al Minotauro...
I sapienti dell'antica Grecia e la danza dei 7 veli di Salomè o le opere di misericordia e i dolori di Maria...
Le piaghe d'Egitto o le invoca, i doni nel Pater Noster...

Ogni 7 anni si celebrava l'anno sabbatico e le divinità mitologiche identificate dalla Cabala ebraica e i pezzi che compongono il Tangram, antico rompicapo cinese o gli anni di disgrazia se si rompe uno specchio e la crisi dei 70 anni e Laceto dei 7 ladroni (antico farmaco)...
Gli stivali delle 7 leghe e i nani di Biancaneve...
Chiudere con 7 sigilli o avere 7 vite come i gatti...
70 volte 7 e essere al settimo cielo e sudare 7 camicie...
Andare per i 7 mari e il 7 bello o il minestrone abruzzese delle 7 virtù...

7 VOLTE A ROMA
Il numero 7 è senza alcun dubbio il numero più ricorrente nella storia di Roma.

La città è stata costruita su 7 Colli: Capitolino, Esquilino, Palatino, Quirinale, Viminale, Celio e Aventino.

Fondata da Romolo il 21 (multiplo di 7) aprile.

E' stata governata da 7 re: Romolo, Numa Pompilio, Tullo Ostilio, Anco Marzio, Tarquinio Prisco, Servio Tuillo e Tarquínio il Superbo.

La leggenda vuole che la città divenne "eterna per le 7 cose fatte" condotte a Roma perché di buon auspicio: l'ago di Cibele, una pietra nera adorata in Asia minore; la quadriga dei Voienti donata dalla città di Vejo; le ceneri d'Oreste, figlio di Agamennone, considerate un portafortuna; lo scettro di Priamo, re di Troia; il velo dIiione; la statua di Atena Pallade detta il Palladio; i dodici scudi detti Ancilii.

Roma è, inoltre, la città delle 7 Chiese.

Le 4 basiliche maggiori di S. Pietro in Vaticano, S. Giovanni in Laterano, S. Maria Maggiore, S. Paolo fuori le mura e le Basiliche minori di S. Sebastiano sull'Appia, S. Croce in Gerusalemme e S. Lorenzo fuori le mura.

IL 7 NEI SOGNI
Fin dall'antichità ed in ogni cultura questo numero ha in se' concentrato il potere della perfezione fino a diventare una chiave universale per la comprensione e la rappresentazione del mondo.

Il sette, numero sacro e magico, esprime allora ogni traguardo e realizzazione sul piano morale, spirituale e materiale.

Le Sette Meraviglie del mondo...


lunedì 1 dicembre 2008

Chunking





CHUNKING: La capacità di creare associazioni mentali che accorpino le informazioni confluite nella
memoria a breve termine, formando in tal modo in unità di livello superiore, al fine di
massimizzare le capacità immediate di ritenzione dell’informazione.



Il chunk in psicologia cognitiva è un'unità di informazione.
L'operazione di acquisizione di queste unità è chiamata chunking.
Secondo
George Miller la proprietà fondamentale del chunk non è costituita dalla sua dimensione, ma dalla sua "familiarità": ovvero un'immagine insolita, anche se semplice, non può costituire un chunk, al contrario una frase molto complessa (per esempio uno stralcio di una canzone imparata a memoria) potrebbe essere un chunk se è molto familiare, indipendentemente dalle sue dimensioni.
Il concetto nasce con la teoria classica che definisce
memoria a breve termine e memoria a lungo termine (William James, 1890).
La prima delle due, dotata di una capacità limitata , la seconda - virtualmente - infinita.
Il numero di chunk immagazzinabili nella MBT (memoria a breve termine) è proposto nel
1956 da George Miller.
In seguito con
Clayton Lewis (1978) il concetto di chunk assume un significato più ampio, e cioè quell'insieme strutturato d'informazioni immagazzinate nel momento in cui la conoscenza viene acquisita.
Ovvero: di fronte ad una nuova situazione, si impara il relativo chunk d'informazioni; il chunk acquisito descrive quella situazione e la risposta da noi prodotta, cosicché al verificarsi di situazioni analoghe la risposta sarà sempre più immediata e precisa.
In seguito John Anderson postula che la conoscenza è in primis immagazzinata in forma "dichiarativa", in secundo luogo viene progressivamente trasformata in conoscenza "procedurale", e quindi consolidata in chunk sempre più complessi.
Ad esempio: dalla conoscenza dichiarativa di come si gira il volante, si passa alla conoscenza procedurale di come si fa a guidare (e non sarà più necessaria un'attenzione attiva per riuscire a svolgere questo compito) e quindi al controllo sempre più pieno e preciso dell'autovettura.

Nucleare: grande risorsa che porta il mondo moderno, della tecnologia e dei consumi, al progresso; oppure inutile spesa, che comporta tagli a campi fondamentali per un reale sviluppo (come la scuola) oltre che un grave danno sull'impatto ambientale?