Informazioni personali

La mia foto
brescia, Italy
studentesse problematiche, future paracadutiste, amanti del sabato sera su 2 ruote; frequentanti il terzo anno del LICEO, umanstico di brescia, veronica gambara; il quale è simile al classico, ma senza greco, ma in PIU' c'è francese, scienze sociali, diritto, biologia, fisica e c'è moolta più matematica!! altro che arnaldo light...!! parola di lupetto!! auuuuuuuuuuuuuuuuh!!!

domenica 24 febbraio 2008

riti di passaggio



RITI DI PASSAGGIO




Un viaggio negli inevitabili cambiamenti della vita: riconoscere e accettare questi momenti vuol dire predisporsi a vivere la propria esistenza creativamente, in connessione profonda con se stessi, gli altri e con l'eternità.
La nostra vita è all'insegna del cambiamento.Il cambiamento è parte dei cicli naturali di cui facciamo parte.Esistono momenti precisi in cui ognuno di noi sperimenta delle trasformazioni fisiche e della coscienza.Questi momenti li chiamiamo Riti di Passaggio.
La nascita, la pubertà, la scoperta della sessualità, l'ingresso nel mondo degli adulti, la mezza età, la meno pausa per le donne, l'anzianità e la morte sono alcuni dei 12 passaggi che ognuno di noi è chiamato ad attraversare ed onorare.
Sfortunatamente la nostra cultura ha rimosso la celebrazione di queste fasi della vita trasformando le opportunità di espressione del nostro potere creativo in quelle che noi definiamo come "crisi".
Il cambiamento e tutto quello che lo riguarda ci spaventa semplicemente perché non ne conosciamo le dinamiche e la struttura.Il nostro percorso nella vita assomiglia molto ad un viaggio lungo un cerchio sulla cui circonferenza incontriamo le nostri fasi di crescita e trasformazione.A volte queste fasi di cambiamento sono accompagnate da confusione e incertezza poiché non è ancora chiaro che cosa la vita ha preparato per noi. Durante queste transizioni abbiamo però l'opportunità di ridefinire chi siamo, quello che vogliamo e i nostri valori per creare la vita esattamente per come la vogliamo.
Accettare il cambiamento, i nostri riti di passaggio, significa quindi entrare in connessione profonda con la nostra natura e le nostre origini.

Nelle culture precedenti alla nostra erano gli sciamani e le sacerdotesse ad accompagnarci verso la nostra nuova comprensione e potere interiore. Oggi la nostra cultura non onora la nostra crescita e, di conseguenza, non predispone delle guide che ci siano di supporto. Il risultato è sotto i nostri occhi.
La possibilità di accettare i nostri riti di passaggio come opportunità per la nostra evoluzione e crescita non solo fisica ma anche metafisica ci permette di accettare la nostra eternità poiché il nostro viaggio non ha né inizio né fine, esattamente come un cerchio che si evolve in strutture consecutive e concatenate che danno vita alla spirale della nostra eternità.
Accettare il continuo cambiamento (nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma) e i nostri riti di passaggio ci permette di far pace con le nostre paure fondamentali: quella di vivere e quella di morire.Grazie alla comprensione dei nostri riti di passaggio realizziamo che molti dei nostri problemi che consideriamo "speciali" in realtà sono quelli che, in una maniera o in un altra, vive anche il resto dell'umanità.
Accettare significa permettersi le emozioni, permettersi la condivisione e concedersi di cambiare ridiscutendo chi siamo ed i valori che abbiamo. Quando ci permettiamo di riconoscere i nostri schemi limitanti, i nostri valori ereditati e i comportamenti autosabotanti.

L'insegnamento dei riti di passaggio è proprio questo: farci riconoscere chi siamo stati e in ragione di cosa per darci l'opportunità di scegliere di nuovo cosa vogliamo essere.
Accettare il cambiamento significa riconoscere che abbiamo il diritto di cambiare idea e di scegliere che vita vogliamo e come desideriamo condurla. Il potere che abbiamo è quello di impugnare questa scelta nonostante le nostre paure, resistenze ed incognite.


E' un'avventura.

lunedì 11 febbraio 2008

la maschera

LA TRADIZIONE DELLA MASCHERA TEATRALE...

...& NON







Sulla mia parete è appesa una xilografia giapponese

La maschera di un demone cattivo, dipinta con la lacca d'oro.


Pieno di compassione vedo


le gonfiate vene frontali, segno di


quanto è faticoso essere cattivo.


di Bertold Brecht


Tutto cominciò con il desiderio di trasformazione e metamorfosi dei popoli antichi. Per nascondere l’identità umana e renderla irriconoscibile, per liberarsi della presenza fisica e corporea e mettersi così in grado di comunicare con potenze sconosciute e trascendenti, i popoli antichi sentivano di dover cancellare il proprio aspetto tramite l’uso del travestimento e della maschera.


Poiché si pensava che lo spirito risiedesse nel volto, i popoli primitivi si mettevano un volto artificiale e con esso accoglievano un altro spirito.


L’ispirazione iniziale fu data dal mondo animale e queste figure nella storia non persero mai il loro potere evocativo, spesso nelle tribù erano indossate dal sacerdote-sciamano ed erano un importantissimo ingrediente dell’ esorcismo rituale.


Le maschere animalesche ebbero anche un ruolo primario nelle feste in onore di Dioniso, da cui emerse poi tutto il teatro greco.


La danza, presso questi popoli, raramente si faceva senza la maschera: accanto alla manifestazione libera del ritmo della natura, in cui consisteva la danza vera e propria, si cercava di dare forma con la maschera a visualizzazioni ed intuizioni misteriose, di tendere oltre la quotidianeità verso qualcosa di oscuro e ignoto che si avvertiva solo vagamente.


Poteri mistici e magici possedevano coloro che costruivano maschere, spesso si diceva che fossero ispirati dal demonio.


Commenta il Sorell: “la maschera è la più perfetta visualizzazione della nostra duplice esistenza, del giorno e della notte, della veglia e del sonno, della vita e della morte, il volto vivo e il volto rigido.


L’aspetto sostanzialmente immobile e immutabile della maschera – il volto che vive senza vivere- indica che una delle sue connotazioni più forti e originali è sempre stata la morte.” La morte e il diavolo erano mascherati allegoricamente.


E in tutti i banchetti, in tutti i trionfi , in tutte le grandi festività di massa non mancavano queste figure.


Molto più tardi si aggiunse l’elemento del gioco, in cui cade la distinzione tra il credere e il far credere.


Diventò di moda per le strade, nelle sale da ballo, in ogni festa fino alla fine della Commedia dell’arte con le sue maschere dei tipi fissi, ognuno perfettamente riconoscibile. Se si voleva essere in incognito si indossava una maschera: Romeo potè entrare in casa Capuleti e danzare con Giulietta e Tebaldo non poteva sfidarlo finchè restava mascherato. Solo nel ‘700 con Goldoni abbiamo la difesa delle “commedie senza più maschera, naturali ed efficaci….oggi si vuole che l’attore abbia dell’anima….bisogna sostituire le farse con delle commedie”.


Nel ‘900, con il cubismo e le maschere del Congo di Picasso, Hugo Ball e il dadaismo, la danza espressionista di Mary Wigman ecc, si ha un ritorno dell’importanza della maschera, soprattutto in ambito figurativo, che alcuni vedono connesso alle catastrofi sconvolgenti di questo secolo e al senso di morte che le due guerre avevano disseminato nuovamente negli animi e nella cultura.


Ma il latino ce lo insegna: persona infatti voleva dire maschera.


Pirandello parte da qui per sostenere una verità ormai accettata da tutti cioè che ognuno di noi si serve di varie maschere per interagire con se stesso e con gli altri, secondo le situazioni.


E quando la maschera che ci siamo costruiti o che ci hanno cucito addosso esplode, non ci resta altro che confrontarsi con la follia.


Tutto questo ha presente “L’ombra di Peter” quando in OUTSIDERS TRACKS viene ripreso l’uso della maschera, intesa nella sua funzione primigenia di inganno demoniaco e simbolo di ipocrisia (dobbiamo dire che i primi attori greci erano chiamati hypocrités).


C’è stato un percorso infatti che ha coinvolto tutta la compagnia sia come attori e regista sia come persone, in cui abbiamo posato l’attenzione sull’ipocrisia del recitare in teatro come nella vita, sui pericoli della falsità e dell'’autoinganno, sulla vigliaccheria del tradimento, sulla crisi di spersonalizzazione cui va incontro l’attore che si immedesima in molti personaggi e infine sulla ricerca da parte di ognuno della sua propria identità come singolo e all’interno del gruppo.


Questa è una tematica viva su cui, più o meno consapevolmente, lavora con passione e volontà di migliorarsi “L’ombra di Peter”.


Ogni attore nelle scene iniziali di OUTSIDERS TRACKS ha già un trucco facciale che costituisce una maschera anch’esso, che va a sommarsi con le maschere bianche vere e proprie indossate verso la fine della performance, in una sovrapposizione di trasfigurazioni che crea un effetto tipo scatole cinesi. Il trucco si sfalda e si scioglie alla Dalì; dietro ogni maschera ce n’è un’altra e un’altra ancora fino ad arrivare forse al niente.


Le maschere vengono prima indossate di fronte al pubblico, che per antonomasia è colui che giudica il lavoro dell’attore, che, non scordiamocelo, per quanto sia naturalistica e autentica la sua performance, è sempre in teatro che sta recitando.


Questa linea di volti-non volti, tutti identici tra loro, che unificano i personaggi in una sola identità, ha più connotazioni. E’ una provocazione contro il pericolo della standardizzazione e della forzata appartenenza al gruppo che appiattisce le esistenze individuali in favore di una personalità di massa, ma è anche il momento comune di uguaglianza e di livellamento (non si scordi che “la grande livellatrice” è la morte). Tante statue di fronte alla platea la osservano, per poi iniziare a scambiarsi queste maschere e con esse le proprie identità, in un gioco di invidie e curiosità, cercando quella che più si confà alla persona, osservandole e toccandole attentamente.


Con la maschera si va tra il pubblico, per poi toglierla e indossarla sulla nuca a creare così una doppia identità, un Giano bifronte che continua ad aggirarsi tra la gente sempre più velocemente fino all'’uccisione dell'’unico senza maschera, il vero uomo o l'’unica divinità.


Ipocrisia?


Falsità?


Tradimento?


Queste le tematiche affrontate.


I rimandi più o meno simbolici sono molti e complessi e viene lasciato spazio per la libertà interpretativa di ciascun spettatore, che viene così chiamato in causa.


La parte più interessante rimane comunque il lavoro degli attori e del regista, con esiti spesso diversi per ognuno: chi cerca di trovare la sua maschera, quella che gli appartiene e lo caratterizza, chi cerca di togliersela per sempre, e rimanere nudo di fronte alla sua pazzia.


Ognuno ci riesce a suo modo: per questo OUTSIDERS TRACKS è insieme un punto d’arrivo e un punto di partenza.


Rimane l’immagine iniziale: sei maschere bianche appese ad un filo sottile e da questo unite, che guardano verso il pubblico e aspettano coloro che le indosseranno.


Vive anch’esse, nel silenzio del palco vuoto.


venerdì 1 febbraio 2008

il gioco SOCIALE della frutta


classe III^ U, in una grigia mattina di fine gennaio...un po' di colore!
entra la profe...
"arancia!"
"ananas!"
"kiwi!"
risate soffocate animano l'ultima ora di lezione...
"anch'io voglio giocare!
che gioco è?!
mi sento esclusa..!
a chi me lo dice do 7!!!"
"mela!"
"lampone!"
"ah! ecco..! ho capito! che bel gioco sociale!
da dove l'avete preso?"
"io sono la fragola..!"
ancora risate...
"ora, vi racconto una favoletta zen...
c'era una volta un uomo in una foresta...
ad un certo punto si accorge che una tigre feroce (con mimo!!!)
lo sta seguendo..
paura.
terrore.
scappa.
corre.
fatica.
sudore.
paura.
corre, corre, corre...
inciampa.
cade in un burrone.
MA...!
miracolosamente riesce ad aggrapparsi ad un ramo...
due topini, uno bianco e uno nero, iniziano a rosicchiare il ramo
ed è proprio ora che l'uomo si accorge che sotto,
in fondo al burrone lo aspetta un'altra tigre affamata...
è disperato.
vede una bella fragola rossa, succosa, matura...
la coglie,
la mette in bocca,
l'assapora,
la gusta...
mmmmh che buona!!!
la prima tigre rappresenta il passato, la seconda il futuro...
i topini il tempo che passa...
quello bianco la vecchiaia, quello nero la morte...
e poi c'è la...
...FRAGOLA...
il presente...
l'attimo di gioia e piacere...
ecco perchè ho scelto la fragola!
cosa pensavate??!"
risate...
ancora risate in una grigia mattina diventata colorata.

Nucleare: grande risorsa che porta il mondo moderno, della tecnologia e dei consumi, al progresso; oppure inutile spesa, che comporta tagli a campi fondamentali per un reale sviluppo (come la scuola) oltre che un grave danno sull'impatto ambientale?